Iniziamo una conversazione

bigBang

100% 0% 5% 35% 100%

Mamma, voglio fare il ladro di biciclette! | Idee Lotrèk

  • Cultura e creatività

“Le lauree umanistiche sono inutili, producono disoccupati”
Questo, in estrema sintesi, è il profondo pensiero espresso a più riprese, nel 2015 e poi di nuovo nel 2016 nel caso a qualcuno fosse sfuggito, da Stefano Feltri, vicedirettore de “Il Fatto Quotidiano”.

A me, felicemente laureata in Filosofia, queste parole danno ovviamente l’orticaria, ma se pensiamo che il problema siano le affermazioni pubbliche di Feltri non abbiamo sott’occhio il quadro generale. Infatti i “poveri umanisti” si portano dietro la spada di Damocle della presunta inutilità di quello che studiano ogni singolo giorno, da quando ammettono la prima volta di avere la folle idea di iscriversi a Lettere o facoltà simili, fino a quando fanno il loro ingresso nel mondo del lavoro. Certo, a meno che non si ottenga la qualifica di “opinionista” in qualche salotto televisivo. Anche quando qualcuno ci sostiene lo fa sottovoce, quasi vergognandosene un po’.

Mamma, voglio fare il ladro di biciclette! | Idee Lotrèk

Parole

Giulia Righetti

02.03.2018

Sembra che, nell’immaginario collettivo, un ladro di biciclette sia più rispettabile di un laureato in Filosofia: se non altro, il suddetto ladro si impegna concretamente per procurarsi ciò che gli serve. Non è un’esagerazione: vi sfido a provare! Dite ad un parente o un amico che, per esempio, volete iscrivervi a Beni Culturali e osservate con attenzione il sorrisetto di compassione mista a derisione che gli si dipinge in faccia. Se invece gli dite che avete iniziato a rubare e rivendere biciclette, probabilmente apprezzerà il fatto che quanto meno vi siate decisi a portare a casa un po’ di soldi.


E non vi illudete che questo stigma degli umanisti passi col tempo: potete collezionare 3 specializzazioni, 8 master e 2 dottorati, ma non scalfirete minimamente l’immagine che queste persone hanno di voi.
Quando mi sono licenziata da un posto di lavoro che non faceva per me, un affezionato cliente tedesco mi ha chiesto le ragioni della mia decisione. Ho cercato di spiegargli che, coerentemente con il mio percorso di studi, speravo in un lavoro che mi permettesse di valorizzare la mia creatività. Mi sono sentita rispondere che i mestieri di cui parlavo sono brotlos. Letteralmente: non danno da mangiare, sono insomma inutili e dovrebbero essere ridotti a semplici attività ricreative per il tempo libero.


Bene. Al saccente cliente tedesco, a Feltri, ai parenti e gli amici che non si sono mai risparmiati un sorrisetto beffardo vorrei tanto dire che non hanno capito. Non hanno capito che un’università umanistica, proprio perchè non ti prepara a un mestiere specifico, è in grado di formarti per una gamma di lavori troppo vasta da elencare. Non hanno capito che vivrò sempre come un vanto la presunta inutilità pratica della filosofia, perché la pone al di sopra della mercificazione imperante. Non hanno capito che l’elasticità mentale di chi ha svolto un percorso di studi umanistici è la chiave del successo nella fluida società contemporanea. Non hanno capito che i lavori di oggi e di domani non esistevano nemmeno fino a ieri ed è impossibile ridurli ai loro schemi mentali: per queste nuove occupazioni serve proprio quell’approccio duttile che si mette a punto tra i banchi delle facoltà umanistiche.
Vorrei dire loro tutto questo, ma so che continuerebbero a sorridere delle mie parole.
Quindi mi limito a parlare di dati: è recentemente emerso che il tasso di financial satisfaction dei professionisti di estrazione umanistica è di 7.5 su 10, identico a quello dei laureati in settori più “professionalizzanti”, e “Il Sole 24 Ore” titola che sono proprio le lauree umanistiche a dare sempre più lavoro nel 2018.
Perdonatemi, ma, quando ho letto quell’articolo, un sorrisetto beffardo è scappato anche a me.