L’8 Marzo a Lotrèk: cosa vuol dire empowerment femminile in ambito lavorativo?

Parole
Giulia Righetti
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8

Quest’anno meno mimose e più riflessioni

L

D’altra parte non si può nemmeno fare finta che non esistano disparità basate proprio sul genere. Ignorarle porta a normalizzarle e, quindi, il silenzio su questi temi diventa colpevole.

Voglio allora prendere alla lettera l’8 Marzo: oggi è infatti la giornata internazionale dei diritti della donna e il suo scopo principale - lo dice anche Wikipedia - è spingere le persone a riflettere. Riflettere su secoli di una lotta - non ancora conclusa -  per ottenere un’effettiva parità di genere - non ancora raggiunta.

Se volessimo riflettere su tutto dovremmo comporre un trattato, io invece ho a disposizione solo questo articolo e posso sceglierne arbitrariamente il focus, che quindi sarà quello delle donne e il lavoro, in particolare le donne di Lotrèk e il lavoro.

Donne e lavoro: una rapidissima panoramica italiana

Basta fare una ricerca lampo online per dare un’occhiata a qualche dato emblematico. A quanto pare l’Italia è all’ultimo posto nella classifica che ordina i paesi europei in virtù del divario tra uomini e donne nel “dominio del mondo del lavoro”: prima della pandemia c’era uno scarto del 17,9% tra il tasso di occupazione femminile e quello maschile. Il Covid ha peggiorato la situazione: in 3 mesi di emergenza sanitaria si sono contati 841 mila posti di lavoro persi. Di questi, il 55,9% era occupato da donne.

Questo quadro già poco roseo assume tinte ancora più cupe si pone l’accento sulla retribuzione: il gender pay gap italiano a parità di esperienza lavorativa è del 5,5% tra laureati e dell’8% tra non laureati, secondo il 28° Rapporto sulle Retribuzioni di ODM Consulting.

Donne e lavoro nel digital: un’altra storia?

Sono diverse le voci che sostengono che il web stia cambiando le carte in tavola: circa un anno fa, per citarne una, il McKinsey Global Institute ha pubblicato lo studio “The future of women at work: Transition in the age of automation”, in cui si sostiene che le nuove professioni tech permetteranno sempre di più alle donne di raggiungere un migliore sviluppo professionale.

Secondo lo studio, le principali ragioni di questo sviluppo sono il fatto che queste professioni si adattano meglio alle esigenze personali e familiari e l’assunto che le skill dinamiche femminili tutelino le posizioni lavorative delle donne dall’introduzione sempre più massiccia dell'Intelligenza Artificiale.

Ora, queste motivazioni potrebbero suonare sessiste a certe orecchie e imporrebbero un maggior approfondimento dello studio sopra citato. Non ci avventureremo su questo terreno accidentato che richiederebbe ben più di qualche riga di testo per essere affrontato, ma resteremo più vicini a ciò che conosciamo davvero: il nostro orticello.

Dopo tutto, noi di Lotrèk nel digital ci lavoriamo già: è il caso di lasciare la parola ad alcune colleghe.

Donne e digital: l’esperienza di Lotrèk

Lotrèk ha 7 founder: 4 donne e 3 uomini. La presenza femminile qui è sempre stata notevole, anche se oggi le percentuali sono cambiate: attualmente siamo infatti un totale di 64, di cui 25 donne. L’essere in minoranza non corrisponde però a una minore voce in capitolo. Se si guardano i ruoli ricoperti, la maggior parte delle posizioni manageriali è infatti in mano alle donne.

Ma il punto è: tutto questo è davvero importante? E se lo è, in che modo? Che cosa vuol dire davvero?

È difficile, almeno per me, descrivere una situazione solo attraverso numeri e statistiche. Ho sempre preferito le parole. Non le mie però, sennò è troppo autoreferenziale. Ho quindi deciso di approfondire la questione facendo domande mirate ad alcune delle mie colleghe, una a testa. 

Tutte le domande vertono sulla percezione personale e sulle proprie esperienze, non ho intenzione di ricavarne verità o assunti assoluti. Voglio solo fare quello che mi suggerisce l’8 Marzo: riflettere sulla questione.

Hai mai avvertito che il tuo genere influenzasse la tua carriera? Se sì, quando e in che modo? 

Alice, UX Copywriter
Nel contesto attuale, NO. Lo posso dire con questa certezza perché l’ho avvertito in modo netto in passato: durante l’università, ho lavorato come barista ed è un settore marcatamente sessista. Le donne vengono selezionate in virtù della loro capacità di “attirare quanta più clientela maschile possibile”. Le qualità per cui vieni assunta non riguardano la tua bravura o la tua esperienza, ma la tua estetica. Che questo ti avvantaggi o ti penalizzi non importa: è fortemente discriminatorio. Prima mi trovavo spesso a pensare a queste disparità, ora fortunatamente non mi succede mai, qui non ho mai avuto motivo di domandarmi per quale motivo abbia ottenuto un lavoro o un riconoscimento. In questo senso, mi sento libera.”

È importante per te il numero di donne presenti in un posto di lavoro? Perché?

Gianna, Head of Social
“Sì, ma solo nella misura in cui contribuisce a dare spazio a inclusione e diversità. Il focus non è il genere, è che un posto di lavoro deve essere uno spaccato della società, altrimenti si è miopi, si è chiusi nella propria bolla, non si hanno i punti di vista necessari. La stessa cosa, ovviamente, vale per un posto in cui ci siano solo donne. Non è una questione di quote e percentuali, ma di apertura alla diversità. Il punto è che spesso si confonde il genere di appartenenza con il mindset delle persone: conosco molte donne maschiliste e molti uomini femministi. La parità di genere non si può raggiungere con un’imposizione, sta tutto nell’approccio mentale, nella percezione che le donne hanno di se stesse in rapporto alla leadership. In un mondo ideale la parola d’ordine è inclusività, il sesso biologico non identifica tutti. La dicotomia UOMO/DONNA deve essere superata.

Pensi che se fossi stata un uomo il tuo percorso lavorativo sarebbe stato diverso? Se sì, in che modo? 

Emanuela, Art Director
“In un certo senso, sì. Mi sono sentita penalizzata in virtù del genere prima di arrivare a Lotrèk: ho fatto colloqui per la posizione di graphic designer - un lavoro che prevede di stare davanti a un computer - in cui mi è stato esplicitamente richiesto di presentarmi con un abbigliamento elegante, nello specifico con una gonna corta (e infatti mi sono presentata in tuta). D’altra parte, queste discriminazioni per me hanno funzionato come una bussola, indicandomi quali posti evitare e verso quali indirizzarmi. Mi ha reso molto più consapevole del contesto in cui mi muovevo. Se fossi stata un uomo, penso che sarei arrivata qui lo stesso - sono molto fatalista e penso che questa fosse la mia strada - ma probabilmente ci avrei messo molto più tempo a capire che era il posto giusto per me.”  

Quello del digital è un settore migliore di altri per le donne? Perché? 

Selvaggia, Operations Director
“Io credo che il mondo del lavoro in generale sia più difficoltoso per le donne e queste difficoltà sono culturali, economiche e sociali. Per questo, credo che nel digital si ritrovino generalmente le stesse situazioni degli altri settori. Noi in questo senso siamo un’isola felice, ma non dipende dal settore: sono concetti enormi, non li si può ridurre a distinzioni specifiche. Se il mondo sta cambiando in questo senso lo sta facendo a piccoli passi e personalmente non so se qualcuno ha una posizione valida al 100%. Ho l’impressione che la parzialità dei singoli gruppi vada estremizzandosi e ci porti a perdere di vista l’obiettivo finale. Per la parità, serve concretezza, non semplice opposizione.”

Pensi che una donna abbia “soft skill” più funzionali per certi lavori? 

Luciana, Client Manager
“Credo che ogni medaglia abbia due facce e che non esistano ‘esclusive femminili’ in termini di skill. Nella mia personale esperienza, però, mi è capitato più spesso di vedere donne che spiccavano in quelle attività che implicano uno scambio costante con gli altri: tendono a essere più pazienti, più empatiche. L’altro lato della medaglia è che questo ci porta anche a percepire un maggior peso emotivo sul lavoro, ad avere più difficoltà a scindere tra vita personale e vita lavorativa. Penso anche che le donne sul lavoro facciano più squadra tra di loro di quanto non accada fuori e lo trovo molto importante. Non penso che esistano professioni femminili, ma penso che esistano attitudini tendenzialmente più femminili.”

Vista la tua esperienza internazionale, hai trovato differenze sostanziali tra l'Italia e l'estero per le donne nel settore dell'advertising? Quali sono gli aspetti che miglioreresti subito?

Federica, Paid Media Specialist
Una differenza sostanziale nel campo del digital marketing tra l’Italia e l’estero, che nel mio caso il riferimento è l’Inghilterra, è il “ritmo” dell’avanzamento di carriera nel settore (ma penso sia una tendenza generale): qui risulta essere molto più lento. Nonostante questo problema, culturale e generazionale, e nonostante un’esperienza in ambienti in cui il potere decisionale era in mano prevalentemente a uomini, non mi sono mai sentita ostacolata nella mia vita professionale e nel fare carriera. Ritengo comunque che ci sia ancora tanto da investire nell’imprenditoria femminile, affinché ci sia un’equa presenza di donne e uomini nel settore pubblicitario, ma qualcosa sta già cambiando a livello di numeri e di leadership femminile. Un aspetto invece su cui interverrei in Italia è sicuramente di dare più spazio al superamento degli stereotipi sulla solidarietà femminile, lavorando culturalmente sul concetto di network e supporto reciproco. In Lotrèk ho trovato un ambiente di team sani e con le professioniste già presenti ho fatto rete e creato connessioni di qualità. Inoltre l’agenzia sta investendo molto per incrementare la presenza femminile al suo interno, soprattutto nell’area Technology, e questo è davvero un impegno importante.

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Giulia Righetti

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Il primo aggettivo che mi viene in mente se penso a me stessa è “entusiasta”. Vengo quotidianamente travolta dalla meraviglia di ogni piccola novità e passo la mia vita su delle imprevedibili montagne russe emotive. Spesso è ...