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- 01.08.2025
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Il Project Manager (o più comunemente chiamato PM) in una digital agency non è il classico “gestore di progetti”
Chi lavora in questo contesto lo sa: non basta tenere traccia delle scadenze, coordinare il team o fare l’ultimo check alle deliverable. Qui si lavora con:
In questo caos controllato, il PM diventa regista, facilitatore, mediatore e anche la prima linea del team.
In questo articolo esploreremo più da vicino cosa significa davvero fare project management in agenzia e perché appare spesso un ruolo tanto invisibile quanto essenziale.
Il PM non è il capo. È il collante. E quando funziona bene spesso non si vede nemmeno.
Un progetto digitale coinvolge tante competenze: UX, UI, tech, performance, content, strategy, solo per fare alcuni esempi. Il PM è colui che tiene le redini del quadro complessivo, che connette i pezzi e aiuta ciascuno a vedere dove si inserisce. Non entra nel merito delle singole discipline, ma assicura che il lavoro di tutti abbia un senso comune.

«Durante lo sviluppo di un progetto in cui io e il mio team abbiamo lavorato alla revisione completa dell’ecosistema digitale di un brand internazionale, basandoci su dati raccolti internamente tramite ricerca qualitativa e quantitativa, tutte le aree dell’agenzia erano coinvolte, con più di 15 specialisti attivi. Riuscire a mettere in comunicazione ogni parte del team nel momento giusto è stata la vera sfida per poter generare valore per il cliente, grazie al confronto multidisciplinare tra le varie aree.»
Il PM crea le condizioni per far accadere le cose. Questo significa:
Un bravo PM infatti non si limita a coordinare solo le riunioni ed assegnare le task: disegna il contesto in cui le persone lavorano bene e ne è “supervisor”, parte attiva e integrante.
In agenzia, il PM è spesso per il cliente il volto stesso dell’agenzia. In Lotrek, ad esempio, viene affiancato dal Client Manager per gestire la relazione consulenziale, diventando un punto di riferimento costante. Un dream team, a tutti gli effetti!
Il cliente ha un obiettivo — aumentare le vendite, posizionare il proprio brand, lanciare un prodotto (per citare alcuni esempi) — e il PM lo aiuta a:
Questo significa educare il cliente, con tatto ma anche con fermezza. Saper dire no a richieste che risulterebbero poco oculate, e saper spiegare perché potrebbero non funzionare. Il PM è un partner strategico a tutti gli effetti, non solo un esecutore.

«Ricordo, ad esempio un progetto per un cliente nel settore banking con l'obiettivo di migliorare il CAC (Customer Acquisition Cost). Non ci siamo limitati a far partire le campagne, ma abbiamo attivato tutte le analisi necessarie, coinvolgendo anche i referenti Google che lavorano a stretto contatto con noi.
Durante le fasi iniziali è emerso chiaramente che non avremmo potuto ottenere risultati concreti senza prima lavorare su diversi aspetti;
Abbiamo quindi evidenziato al cliente una serie di criticità, proponendo un piano d’azione che partisse dalla governance e dall’ottimizzazione strutturale. L’attività di analisi è stata presa in carico dal team performance, che ha successivamente restituito indicazioni operative.
Presentare questo lavoro al cliente restituendo un’analisi dettagliata della situazione attuale è stata la scelta giusta: ha tutelato il lavoro del team e ha offerto al cliente una roadmap chiara per costruire un ecosistema digitale più solido ed efficace. Molte delle azioni che si sono innescate internamente al cliente non sarebbero mai partite senza i nostri insight. Come il rifacimento del sito o della landing page di atterraggio delle campagne.
In definitiva, è questo tipo di approccio che rende il PM un consulente di fiducia, non un semplice intermediario.»
Quando qualcosa non va — ritardi, errori, incomprensioni — spesso è il PM a ricevere il primo colpo. Essere un tank è parte del lavoro: essere la prima linea del team, assorbire la pressione, gestirla, trasformarla in qualcosa di costruttivo.
Assumere questo ruolo non significa prendersi colpe che non sono sue, ma:
Ci sono cose che in agenzia non troverai mai nei libri sul PM. E fanno tutta la differenza.
I progetti digitali spesso possono nascere con:
Il PM deve:
L'esperienza in Lotrèk mi conferma ogni giorno che un PM non è solo il frutto di conoscenze teoriche: nelle sue competenze, non può assolutamente mancare un solido know-how tecnico nel settore.
Il PM è parte attiva della consulenza al cliente.
Ma come prendere decisioni nell’incertezza? Qualche tips:
Il know-how tecnico nel digital marketing diventa fondamentale. Il PM può non avere competenze verticali specifiche ma possiede una visione trasversale, è il collante che tesse le fila, prendendo decisioni che connettono tutte le parti del progetto e il suo storico.
Il PM in agenzia cambia cappello ogni giorno. Da un sito e-commerce, a uno switch su una campagna social, per poi entrare su un meet per una riunione interna: capacità di adattamento e flessibilità sono imprescindibili per mantenere:
Il segreto? Non la perfezione, ma la fluidità operativa: saper passare da un contesto all’altro senza perdere di vista la missione di fondo.
Il ruolo del Project Manager in agenzia digitale non è statico, né definito una volta per tutte. È un ruolo ibrido, fatto di organizzazione e intuizione, metodo e improvvisazione, rigore ed empatia.
...il PM è colui che fa accadere le cose ed è ascoltato, senza bisogno di alzare la voce.
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