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- 26.06.2023
Rebranding e teorie del complotto: l'aeroporto di Denver
Iniziamo una conversazione
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A chi non è mai capitato di imbattersi in uno dei famosissimi video GRWM (per i nostri lettori più millennial, Get Ready With Me) durante una classica sessione di scrolling quotidiano del feed?
Non ci sono dubbi: questi video hanno conquistato TikTok e, ormai, stanno spopolando anche tra i Reel di Instagram.
Il format è molto semplice: il protagonista si riprende mentre si trucca per un evento speciale o per la giornata che lo aspetta, raccontando allo stesso tempo un particolare aneddoto della propria vita.
Il risultato? Una serie infinita di video che, pur seguendo lo stesso schema, spaziano tra i temi più disparati: dai classici “GRWM mentre vi racconto come ho conosciuto il mio ragazzo” ai più stravaganti “GRWM mentre vi racconto la storia di quando mia mamma mi ha rapita”.
(Sì, questo titolo esiste davvero, sigh!)

Di solito funziona così: il video compare nella nostra For You Page con un titolo accattivante che preannuncia il tema della storia. Tra una pennellata di correttore e una passata di mascara, veniamo trasportati dritti dritti nella vita del creator che si appresta a snocciolare il proprio racconto, condito da dettagli che oltre a far sorridere, contribuiscono a rendere quanto più coinvolgente e immedesimabile il tutto.
E così, quasi senza accorgercene, veniamo catturati dalla sua voce rilassante e dai gesti che vediamo ripetersi davanti alla telecamera. Il nostro pollice, solitamente impegnato in uno scroll frenetico, finalmente si ferma. E i minuti passano, uno dopo l’altro, mentre seguiamo i dettagli del racconto.
Ma in un’epoca in cui la nostra attenzione media dura meno di 12 secondi, come è possibile che questi video riescano a tenerci incollati allo schermo anche per 3 o 4 minuti di fila? E perché mai dovremmo essere interessati alla storia di una sconosciuta che ha rifiutato l'invito al matrimonio della sua migliore amica?

La risposta risiede nel campo della psicologia, più precisamente in una serie di componenti neurologiche che giocherebbero a favore del contenuto proposto: in breve, osservare una persona svolgere un'attività interessante (come l’applicazione del make-up) mentre racconta una storia personale, attiverebbe diverse aree cerebrali.
Questo doppio stimolo, sia visivo che narrativo, cattura l’attenzione e favorisce una maggiore memorizzazione.
La distrazione visiva (l'applicazione del trucco) contribuisce a mantenere vivo l'interesse, poiché gli spettatori non solo ascoltano, ma osservano anche un processo visivamente accattivante.
La combinazione di questi fattori può indurre un rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore associato al piacere e alla ricompensa.
Questo processo rende l’esperienza più gratificante e spinge gli spettatori a guardare il video fino alla fine.
Se le componenti neurologiche giocano un ruolo cruciale nell’interesse che nutriamo per questa tipologia di video, il loro fascino può essere spiegato anche attraverso la semiotica, la scienza che studia i segni e il loro processo di produzione, trasmissione e interpretazione. Nella cultura digitale di oggi, il racconto di esperienze personali da condividere con il proprio pubblico evoca autenticità e aiuta a generare una connessione con gli spettatori. L’obiettivo dei video GRWM è proprio questo: creare uno spazio narrativo particolare in cui gli utenti possono identificarsi e stabilire un legame emotivo con il creator.
Inoltre, l’uso del trucco come cornice per il racconto si inserisce nei codici culturali che riguardano la bellezza, l’identità e la cura di sé. Questi video diventano così un modo per esprimere tanto l’individualità quanto esperienze condivise, creando un legame forte con un pubblico che desidera autenticità in un panorama digitale ormai saturo di personaggi troppo impostati e perfetti.

Il comportamento di cui parliamo non è certo emerso dal nulla, ma è il risultato di anni di evoluzione digitale, in cui i social network si sono progressivamente trasformati in veri e propri social media. Secondo gli esperti infatti, gli equilibri dell’interazione digitale hanno subito una rivoluzione significativa negli ultimi anni. Oggi, l’intrattenimento principale che gli utenti cercano sulle piattaforme social non risiede più nell’attiva costruzione di reti virtuali di amicizie e contatti, ma piuttosto in un ascolto passivo dei contenuti suggeriti dalle piattaforme stesse.
L’impegno richiesto da un social network come Facebook è decisamente più alto rispetto a TikTok: cercare persone, connettersi, aggiornare il proprio diario e rispondere ai messaggi di auguri sono solo alcune delle “regole non scritte” che governano un’esperienza ottimale sulla piattaforma. Dopo anni di interazioni, opinioni condivise e partecipazione attiva, molti utenti preferiscono un’esperienza meno impegnativa, che non li esponga direttamente e che permetta loro di staccare la mente per qualche minuto, godendo di un momentaneo senso di distacco, che può rilassare e, in alcuni casi, persino anestetizzare.
In definitiva, accedere a una piattaforma e lasciarsi intrattenere da una sequenza infinita di video selezionati appositamente per i propri gusti spiega perché format come "Get Ready With Me" riescano a tenerci incollati allo schermo per così tanto tempo.
E chissà, se vi avessi raccontato questo articolo davanti allo specchio, ombretto alla mano, forse avreste dimenticato persino di scrollare!
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