L'intimità del raccontare: recensione del libro "Storie che incantano" di Andrea Fontana

Parole
Giulia Righetti
Tempo di lettura
5

Saper creare storie che incantano è una necessità, ma è possibile insegnare a farlo?

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Recensire o non recensire, questo è il dilemma

Se stai leggendo questa mia umile recensione del libro "Storie che incantano" di Andrea Fontana, forse ti chiedi perché io abbia sentito il bisogno di scriverla. Beh, me lo sono chiesta anche io.
Non ti voglio raccontare il contenuto del libro - l'ha già fatto magistralmente l'autore e avrebbe poco senso fargli eco -, non ti voglio spiegare il senso di queste pagine dato che non ce n'è alcun bisogno e non voglio nemmeno dirti perché dovresti leggerlo - anche se te lo consiglio - perché non ti conosco e non so cosa cerchi.
Scrivo questa recensione per parlare un po' di cosa voglia dire "raccontare" e, soprattutto, per parlare un po' di noi - di tutti noi.

Come si insegna l'intimità?

"Storie che incantano" si propone di insegnare a creare, appunto, contenuti capaci di incantare e l'autore te lo dice fin dall'introduzione: "Sono qui per aiutarti a perfezionare il tuo racconto di vita, marca o prodotto. O forse trovarlo, se ancora non ce l'hai". Ecco, io devo ammetterlo subito: non ho letto molti manuali di narrazione o storytelling, ho sempre preferito imparare "in presa diretta" dalle pagine di quei racconti o quei saggi che mi lasciavano immergere in storie e concetti incalzanti. Non è arroganza, lo giuro, è che credo che quando si parla di insegnare a narrare ci si trovi davanti a una specie di paradosso. È possibile spiegare come si fanno molte cose: i calcoli matematici, ad esempio, come estrarre un'immagine da word o addirittura la procedura necessaria alla costruzione di un'astronave. Con i racconti, però, è un'altra storia. Puoi seguire alla lettera ogni regola grammaticale, logica e sintattica senza arrivare a creare niente di buono. Questo perché, a parer mio, la narrazione non si insegna: si trasmette. Come una sensazione che, una volta provata, cercherai di ricreare con tutte le tue forze.
Ho letto "Storie che incantano" solo perché ho avuto la fortuna di sentirlo presentare dal suo autore al Web Marketing Festival di Rimini e, lasciamelo dire, sono bastati 15 minuti di Andrea Fontana che parla del suo libro per farmi provare una genuina e irrefrenabile voglia di leggerlo. Meno male che ho seguito quell'impulso.

Le storie che incantano

Fontana nel suo libro parte da una constatazione su cui credo che possiamo essere tutti d'accordo: ci troviamo in quello che possiamo definire "content continuum". Siamo costantemente bombardati da contenuti di ogni genere, in ogni momento della nostra giornata e tramite ogni mezzo. Mail, cartelloni, messaggi, notifiche, spot, annunci e chi più ne ha più ne metta. Se tutti questi contenuti prendessero voce nello stesso momento ci troveremmo in mezzo a un frastuono incredibile.
Immersi come siamo nel "content continuum", stiamo ancora ascoltando? Siamo ancora capaci di farci ascoltare?
Queste domande hanno un'importanza fondamentale per i rapporti umani, che vivono di scambi e si fondano, quindi, sulla capacità di ascoltare ed essere ascoltati, ma, se ti occupi marketing, diventano essenziali anche per la tua dimensione lavorativa. Io, ad esempio, di professione sono una copywriter, i contenuti sono il mio pane, se non riesco a instaurare un dialogo sono fregata a tutti i livelli.
Trovandoci in questa situazione di sovrastimolazione contenutistica, dovremmo forse smettere di raccontare per non contribuire alla sovrabbondanza? Al contrario, ci risponde Fontana dalle sue pagine: dobbiamo renderci in grado di proporre contenuti che creano valore, che trasmettono messaggi e instaurano legami. Insomma, dobbiamo renderci in grado di creare storie che incantano, che, per dirla con le parole dell'autore, "sono iper-contenuti (contenuti profondamente significativi) che vengono proposti sotto format narrativi o attraverso regole del racconto a un pubblico specifico che entra in risonanza con questi stessi formati comunicazionali".
Ok, Fontana, molto bello, ma come lo faccio?
"Storie che incantano" risponde, pagina dopo pagina, a questa domanda con gentilezza e ritmo, mostrando pazienza se non capisci subito qualcosa e non permettendoti mai di annoiarti. Per prima cosa, ti dice, devi conoscere i due interlocutori, le persone che si scambiano il racconto. Sì, perché la narrazione è intima ma sempre condivisa, quindi, se vuoi che il tuo interlocutore si immerga nella tua storia, lo devi conoscere. Devi capire chi è, cosa desidera, di cosa ha paura e di cosa ha bisogno. Riconoscere l'altro è fondamentale per non finire a creare monologhi autoreferenziali, magari piacevoli che ma che non lasciano il segno. Però qui stiamo parlando di 2 interlocutori, non uno: Andrea Fontana ci ricorda l'antico monito greco "conosci te stesso".
Tu chi sei? Cosa desideri? Di cosa hai paura? Di cosa hai bisogno?
Il riconoscersi è reciproco, devi capire in modo altrettanto profondo chi hai di fronte e te stesso perché da questo dipende l'efficacia del tuo racconto, la capacità di incantare della tua storia. Andrea Fontana la chiama "sincronizzazione delle agende narrative". Se lavori nel marketing, probabilmente sei abbastanza abituato ad analizzare il tuo pubblico, ma troppo spesso noi - tutti, a livello lavorativo e non - ci dimentichiamo di analizzare noi stessi e questo rischia di precludere la possibilità di trasmettere il nostro messaggio, la possibilità di essere capiti.
Fontana ti rieduca, pagina dopo pagina, al riconoscimento di te e dell'altro e lo fa analizzando esempi ben riusciti di comunicazione: ti racconta e ti fa conoscere testi, spot, opere d'arte e contenuti di ogni genere, sviscerandone la potenza emozionale ma senza mai privarli della magia narrativa. A mio modesto parere, l'incontro con gli esempi proposti in "Storie che incantano" basta da solo a motivare la lettura del libro: sono storie magistrali, capaci di colpirti nel profondo, che, attraverso le parole dell'autore, sembrano dischiuderti la loro verità.
Però abbiamo detto che dobbiamo imparare a raccontare, giusto? Ecco che il libro ti offre continui esercizi, ti chiama in causa per farti applicare alla tua situazione attuale quelle verità a cui hai finalmente prestato attenzione, riuscendo a risultare pratico oltre ogni aspettativa.

Quindi hai imparato a scrivere storie che incantano?

Lo so, lo so: ti sembro contraddittoria. Sono partita dicendo che non credo che la narrazione si insegni e ho concluso esaltando l'utilità pratica di "Storie che incantano", con i suoi esempi e i suoi esercizi. Però Fontana non ti sta proponendo un manuale. Gli esercizi che trovi nel libro li fa anche lui, dà le sue risposte, e si emoziona insieme a te mentre vi immergete negli esempi di contenuti incantevoli, ti racconta la sua intima reazione a quelle storie mentre tu scopri la tua. Arrivi alla fine e senti di aver stretto un rapporto con l'autore, lo conosci, vi siete riconosciuti. Insomma, ti sei lasciato incantare.
Con questa mossa "Storie che incantano" scavalca il paradosso dell'insegnare a raccontare e il messaggio del libro non ti viene semplicemente spiegato, ti viene trasmesso. Fontana riesce a farti provare la sensazione indescrivibile di cui parlavo all'inizio e ti lascia con una gran voglia di riuscire a farla provare anche agli altri. Quindi sì, è così che si impara a creare storie che incantano.
Ho detto che con questa recensione volevo parlare di noi ed eccoci qui: tu ti senti ascoltato? ti senti capito? riesci a raccontarti?
Io ho sempre pensato che scrivere per lavoro fosse un grande privilegio perché le parole sono un imponente veicolo per quel contatto umano di cui tutti noi abbiamo tanto bisogno. Abbiamo bisogno di riconoscerci e per farlo dobbiamo saper raccontare e lasciarci incantare.

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Giulia Righetti

Creative Supervisor

Il primo aggettivo che mi viene in mente se penso a me stessa è “entusiasta”. Vengo quotidianamente travolta dalla meraviglia di ogni piccola novità e passo la mia vita su delle imprevedibili montagne russe emotive. Spesso è ...