- Brand e strategia
- 11.12.2020
Perché l’unica content strategy che ha senso fare è quella basata sui dati
Iniziamo una conversazione
100% 0% 5% 35% 100%
Quando si parla di progettazione web, i wireframe la fanno da padrone. Ma questi deliverable provengono da un'altra epoca, quella analogica, quando gli ambienti informativi non erano ancora responsive. Le priority guide possono essere un valido strumento per progettare contenuti che funzionano su tutti i dispositivi.
Se lavori alla progettazione di siti web, prima o poi ti sarà capitato di creare dei wireframe. E ci credo. I wireframe sono uno dei principali strumenti di comunicazione del progetto. Se fatti come si deve, permettono di ragionare a livello di struttura senza perdersi nei dettagli estetici. Si possono sottoporre a test di usabilità. Danno un’idea molto concreta delle scelte progettuali.
Tuttavia hanno anche degli svantaggi, come tutti i deliverable. In un certo senso, i wireframe appartengono al mondo di prima, quello del web 1.0. Fino a qualche anno fa per accedere al web esistevano solo i dispositivi desktop o laptop. Si progettava il wireframe di una pagina, e quello rimaneva. Gli schermi su cui quella pagina sarebbe stata visualizzata avevano più o meno le stesse proporzioni.
L’avvento dei dispositivi mobile ha però cambiato le carte in tavola. Si può accedere al web da tanti dispositivi diversi. Desktop, laptop, telefono, tablet, smart TV. I contenuti possono essere visualizzati su schermi di proporzioni e misure differenti. Ognuno di questi schermi cambia il modo in cui i contenuti sono visualizzati, fosse solo per la differenza di dimensione. Come fare in modo che quello che abbiamo progettato continui a svolgere a raggiungere gli obiettivi per cui è stato progettato?
La risposta è la progettazione responsive. E qui i wireframe qui non aiutano. Sono pensati per un contenuto statico, definito una volta per tutte. Non hanno la flessibilità necessaria per tenere conto del fatto che il contenuto dovrà riadattarsi a tanti schermi diversi. I wireframe mettono in evidenza la posizione di un contenuto all’interno di una pagina, non la sua importanza relativa, cioè la sua priorità.
La posizione, certo è importante. Ma quello che veramente conta è la priorità di un elemento di contenuto rispetto a un altro. La priorità dipende da quanto quel contenuto soddisfi i bisogni delle persone e gli obiettivi di business.
Con i wireframe, insomma, il contenuto di una pagina passa in secondo piano e rischia di essere sottovalutato in favore di scelte estetiche e relative al layout che poi, se visualizzate su altri schermi, non funzionano.
L’approccio responsive richiede invece di pensare prima al contenuto. Il contenuto di una pagina deve essere visualizzato correttamente su ogni dispositivo. Del resto, è quello che le persone vengono a utilizzare.
Infine gli svantaggi dei wireframe per la progettazione sono anche altri
Una possibile soluzione agli svantaggi dei wireframe possono essere le priority guide. Una priority guide è un elenco dei contenuti di una pagina ordinato, per priorità, dall’alto verso il basso. In alto stanno gli elementi di contenuto più importanti, in basso quelli meno importanti.
Come si stabilisce l’ordine delle priorità? L’ordine è stabilito in base a quello che emerge dalla ricerca con gli utenti e dalla ricerca con gli stakeholders.
Altra caratteristica che rende le priority guide adatte alla progettazione responsive è il fatto che gli elementi di contenuto sono visualizzati graficamente già in formato mobile. In questo modo il contenuto che esse rappresentano è naturalmente adatto a essere rappresentato su mobile.
Le priority guide sono state introdotte dal content strategist Drew Clemens (Sparkbox) in un articolo pubblicato su Smashing Magazine. L’idea è nata proprio per ovviare agli svantaggi dei wireframe per il design responsive.
Nelle priority guide ci si concentra solo sul contenuto, sulla sua struttura e su come questo viene incontro ai bisogni delle persone. Niente considerazioni su layout, su stili di carattere, su dimensioni delle immagini. Il rumore è ridotto al minimo. Quello che conta è solo il cosa deve comparire e il perché. Sul come ci si pensa in una fase successiva, anche perché il come dipende dalla tecnologia.
Da questo punto di vista, le priority guide si prestano bene a un approccio strutturato alla progettazione del contenuto, un approccio cioè nel quale si organizza il contenuto in modo indipendente dalla sua manifestazione grafica, in modo da renderlo fruibile su tutti i device.
Oltre a questi vantaggi, ce ne sono anche altri:
Ma una volta che usiamo le priority guide che ne facciamo dei wireframe? Li buttiamo? La risposta, ovviamente, secondo me è no, anche se alcuni sostengono che le priority guide possano essere un’alternativa ai wireframe. Io non sono così convinto.
Come tutti i deliverable di progetto, wireframe e priority guide sono modelli. Come tali colgono solo alcuni aspetti del reale e ne nascondono altri. Quindi se ti stai chiedendo cosa usare la risposta è dipendeda cosa devi fare.
La cosa da fare è provare diverse combinazioni di deliverable, a seconda del risultato che vuoi ottenere.
Dal mio punto di vista il wireframe è ancora utile per visualizzare un’idea, per metterla a tavola, per testarla. Le priority guide sono molto utili per documentare la struttura logica di una pagina e per dare priorità e gerarchia ai contenuti senza invadere il campo del visual design.
Adesso non ti resta che provarle su un progetto. Alla fine dell’articolo ho raccolto i link che ho inserito all’interno dell’articolo. Fammi sapere cosa ne pensi.
Sul web si trovano diverse risorse per approfondire le priority guide e iniziare a usarle. Se ne conosci altre o se hai esperienza con le priority guide, scrivimi una mail.
Queste invece sono due risorse che danno un po’ di contesto su dove potrebbero inserirsi le priority guide nel workflow:
Scopri di più
Idee Idee Idee
Perché l’unica content strategy che ha senso fare è quella basata sui dati
Come scegliamo temi e contenuti per il settore farmaceutico
Creare un layout dei siti web con le griglie tipografiche: un approccio dal basso