- Brand e strategia
- 31.07.2025
Quando un brand "perde" se stesso: un caso studio di semantic recovery
Iniziamo una conversazione
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In un panorama dove l’innovazione digitale è spesso raccontata come una corsa alla feature inedita o alla tecnologia emergente, c’è un aspetto fondamentale che tende a passare in secondo piano: la comprensione profonda delle persone. La vera innovazione non inizia quando si scrive la prima riga di codice o si disegna il primo wireframe. Inizia molto prima, con un processo di ascolto, analisi e interpretazione. In una parola: ricerca.
In Lotrèk, abbiamo strutturato questa consapevolezza in un approccio chiaro e operativo: non costruiamo nulla senza prima capire se esiste davvero un bisogno da risolvere. E per capirlo non ci affidiamo a intuizioni, ma attiviamo un processo rigoroso e strutturato: Experience Research.
Experience Research è la fase zero di ogni nostro progetto. Una fase che anticipa la progettazione e si occupa di ridurre l’ambiguità iniziale, validare o confutare ipotesi, esplorare i reali comportamenti delle persone e costruire insight che guidano tutto ciò che verrà dopo. Non si tratta di “fare qualche domanda” o lanciare una survey estemporanea, ma di disegnare un percorso di conoscenza strutturato, con obiettivi chiari, metodi adeguati e risultati attivabili.
In particolare, questa fase diventa fondamentale quando ci troviamo di fronte a progetti “da zero”: prodotti digitali che non esistono ancora, idee di business che vanno testate prima di essere sviluppate, modelli di servizio che sfidano le abitudini consolidate. In questi contesti, l’Experience Research non è un’opzione: è una necessità strategica.
Quando manca la ricerca, si rischia di progettare basandosi su bias interni, percezioni distorte del mercato o, peggio ancora, su ciò che funziona per “gli altri”, “per tutti”. Al contrario, quando la ricerca è presente e ben strutturata, ogni decisione – dal concept iniziale alla UX finale – poggia su basi solide, contestuali, verificate. È il modo migliore per innovare davvero, creando prodotti che non solo funzionano, ma risolvono problemi reali, con un senso per chi li usa.
L’idea alla base di NidoWeb nasce da una domanda tanto semplice quanto rivoluzionaria: “È davvero necessario passare da un’agenzia per comprare o vendere casa?”. Una domanda che, in superficie, mette in discussione una consuetudine consolidata nel mercato immobiliare italiano. Ma che, se osservata più a fondo, apre interrogativi ben più complessi: cosa rende una persona disposta a fidarsi di uno sconosciuto in una transazione ad alto valore economico ed emotivo? Quali strumenti sono percepiti come necessari per sentirsi “al sicuro” in un processo così carico di aspettative, timori e rischi?
NidoWeb si propone di rispondere a queste domande con un modello di compravendita autonoma, 100% digitale, che punta ad abbattere i costi delle intermediazioni tradizionali offrendo un’esperienza più fluida, trasparente e personalizzabile. Nessun agente immobiliare. Nessun passaggio forzato. Nessun vincolo opaco. Solo venditori e acquirenti che, supportati da servizi digitali integrati (es. valutazioni, assistenza legale, gestione della documentazione), possono portare a termine l’intera operazione in autonomia, dalla pubblicazione dell’annuncio al rogito.
Un’idea tanto ambiziosa quanto potenzialmente dirompente. Ma, proprio per questo, anche piena di incognite. Perché disintermediare un processo così radicato culturalmente richiede non solo tecnologia e design, ma una conoscenza profonda delle dinamiche psicologiche, comportamentali e relazionali che guidano la scelta di vendere o acquistare un’immobile.
E qui si pone il vero punto di partenza per Lotrèk: capire se un prodotto del genere avesse spazio, desiderabilità e fattibilità all’interno del mercato nazionale. Non era sufficiente chiedersi se l’idea fosse buona in teoria. Serviva verificarla nella pratica. Capire quanto fossero disposti gli utenti reali – persone con case da vendere o da comprare – a fidarsi di una piattaforma e a rinunciare all’intermediazione. Serviva indagare le leve motivazionali, le paure latenti, i dubbi cognitivi, i criteri di fiducia, le problematiche effettive.
Il cliente, consapevole della novità del modello, si è rivolto a noi con un’esigenza precisa: “Vogliamo sapere se questa idea regge. E se sì, su quali basi possiamo costruirla.”
Da questa esigenza è nata la fase di Experience Research che abbiamo attivato, progettata su misura per affrontare l’incertezza, raccogliere dati affidabili e generare insight solidi da cui partire.
Validare un’idea è già complesso. Ma farlo quando l’idea non ha ancora preso forma come prodotto, non ha utenti attivi, né dati storici, né benchmark diretti sul mercato… è una sfida di altro livello. È una sfida di metodo, prima ancora che di strategia.
Nel caso di NidoWeb, ci siamo trovati davanti a un problema tipico dei progetti di innovazione radicale: come capire se un prodotto che non esiste ancora può funzionare? Come testare qualcosa che le persone non conoscono, che non possono ancora toccare, usare, confrontare? Come ottenere risposte affidabili da utenti che non hanno un’esperienza pregressa a cui riferirsi?
La questione è cruciale, perché costruire un servizio da zero senza una base di validazione reale può portare a investimenti sbagliati, funzionalità inutili, value proposition deboli. In altri termini: rischio d’impresa.
Per affrontare questo tipo di problema, non basta chiedere alle persone “Ti piacerebbe usare una piattaforma per vendere casa da solo?”. Una domanda del genere attiva il desiderio ideale, non il comportamento reale. Le risposte saranno viziate da bias di desiderabilità sociale, ipotesi astratte, o semplicemente da un’interpretazione sbagliata del servizio.
Per questo, quando si vuole validare un prodotto inesistente, è necessario andare più a fondo, strutturando un percorso di indagine che sappia:
Nel nostro lavoro su NidoWeb, tutto questo si è tradotto in una doppia metodologia: qualitativa per la profondità e la scoperta, quantitativa per la validazione e la dimensione statistica. Ma soprattutto, si è tradotto in un approccio fondato sulla realtà dell’utente, non sulla visione del prodotto.
Abbiamo iniziato con domande aperte, ma rigorosamente orientate al comportamento passato e al processo decisionale: “Qual è la motivazione principale della vendita?”, “Come hai cercato casa?”, “Che ruolo ha avuto l’agente nella tua esperienza?”. Solo dopo aver raccolto queste narrazioni abbiamo potuto iniziare a introdurre scenari futuri, testando quanto uno strumento come NidoWeb potesse davvero inserirsi nella vita delle persone.
In altre parole, abbiamo scelto di non validare l’idea in sé, ma il comportamento che l’idea intende abilitare o trasformare. Perché un prodotto che funziona non è quello che “sembra bello”, ma quello che si inserisce naturalmente nei bisogni e nei flussi cognitivi dell’utente.
Quando ci troviamo di fronte a progetti ad alta incertezza – come nel caso di NidoWeb – sappiamo che non possiamo limitarci a “fare ricerca”: serve un sistema progettuale che renda la ricerca efficace, scalabile e orientata all’azione. Per questo in Lotrèk abbiamo sviluppato un framework: XR – Experience Research.
XR non è un semplice insieme di strumenti, ma una metodologia operativa completa, pensata per accompagnare tutto il ciclo di vita della ricerca: dalla definizione delle domande iniziali fino al future-proofing di progetti già sul mercato. È la risposta alla necessità di portare rigore, coerenza e utilità in tutte le fasi del progetto, e in particolar modo nella fase più delicata: quella in cui si decide che cosa costruire e perché.
Alla base del nostro framework ci sono tre principi guida, che ne definiscono l’identità:
Il processo si articola in tre fasi principali, che possono essere attivate in forma modulare o completa in base alla complessità del progetto:
Questa struttura ci consente di integrare la ricerca nel flusso progettuale, evitando che resti un’attività isolata. Al contrario: la ricerca, per noi, è un generatore di visione condivisa, che allinea tutti gli attori del progetto intorno a una base comune di realtà.
Nel caso di NidoWeb, il framework XR è stato fondamentale per trasformare l’idea in un’inchiesta sul campo: non un’indagine teorica, ma un’esplorazione attiva e strategica, capace di restituire valore già nelle prime settimane.
Per il progetto NidoWeb, l’applicazione del framework XR ha dato vita a un processo di ricerca ampio, strutturato e progettato su misura. L’obiettivo era chiaro: validare l’idea di un prodotto ancora inesistente, raccogliendo dati significativi dai potenziali utenti e costruendo insight affidabili da tradurre in direzioni di design e strategia.
Il percorso si è articolato in due grandi blocchi operativi: una fase qualitativa, pensata per andare in profondità, e una fase quantitativa, orientata a misurare la diffusione dei fenomeni osservati su scala nazionale.
Abbiamo iniziato con una serie di interviste semi-strutturate a due target ben distinti: venditori e acquirenti privati che avevano da poco concluso una compravendita immobiliare (oppure erano in procinto di farlo). L’obiettivo non era raccogliere opinioni, ma esplorare vissuti concreti, esperienze emotive, barriere cognitive, strategie adottate. [img 1 - le interviste ci hanno permesso di definire delle Journey Map dettagliate dell’esperienza di compravendita tradizionale, comprensive dello stato emotivo degli intervistati]

[img 1 - Emotional Journey su tutte le fasi]
Le interviste sono state condotte da remoto, in modo confidenziale e immersivo, e hanno permesso di far emergere con chiarezza:
Grazie a queste conversazioni, abbiamo ricostruito schemi comportamentali ricorrenti e leve motivazionali latenti che difficilmente sarebbero emerse con una survey diretta. È emerso, ad esempio, che molti utenti sono disposti a rinunciare all’intermediazione solo se hanno comunque accesso ad un supporto professionale mirato a momenti e situazioni specifiche, come quello di un geometra o di un notaio. [img 2 e 3 - abbiamo anche raccolto il dettaglio dell’esperienza e del supporto ricevuto da venditori e compratori evidenziando azioni, pains e gains del nostro target e le soluzioni che trovano nei supporti esistenti o desiderati]


[img. 3 - Dettaglio dei dati raccolti relativamente all’esperienza per compratori]
Parallelamente, abbiamo progettato e lanciato una survey strutturata, destinata a un campione rappresentativo della popolazione italiana tra i 25 e i 65 anni – il segmento più attivo sul mercato immobiliare.
La survey ha coinvolto oltre 1.000 rispondenti [img 4 - il grafico mostra, per venditori (arancione) e acquienti (azzurro), il numero dei rispondenti (grandezza dei pallini), la loro distribuzione per provenienza (asse X) e per età (asse Y)] distribuiti su tutto il territorio nazionale e ha permesso di:

[img 4 - Dati rispondenti X età e proveneinza]
L’integrazione dei dati qualitativi e quantitativi ha generato una mappa motivazionale completa, che ha orientato la definizione delle Personas e delle Customer Journey.
Una buona ricerca non si giudica dalla quantità di dati raccolti, ma dalla qualità degli insight che produce. E soprattutto da quanto questi insight riescono a guidare le scelte di progetto in modo chiaro, concreto e strategico. Nel caso di NidoWeb, il processo di Experience Research ha generato una serie di risultati decisivi, capaci di indirizzare in modo netto sia la definizione del prodotto che il suo posizionamento. [img 5 e 6 - innanzitutto abbiamo validato il prodotto e, incrociando i dati raccolti, siamo anche riusciti a determinare dei trend per età relativi all’adoption sia per i venditori (img 5) che per gli acquirenti (img 6)]

[img.5 - Adoption per i venditori]

[img.6 - Adoption per gli acquirenti]
Il primo elemento emerso, trasversale a tutte le evidenze raccolte, è stata la centralità della fiducia e della sicurezza. Gli utenti non chiedono solo funzionalità: chiedono certezze. Il mercato immobiliare è percepito come opaco, complesso, carico di rischi economici e legali. In questo scenario, l’agente immobiliare – pur con tutte le sue criticità – è visto come un “assicuratore emotivo” [img 7 - nonostante spesso si tenda a considerare gli agenti immobiliari come figure poco affidabili, per i venditori intervistati sono state delle figure essenziali e corrette nel supporto dato durante la compravendita]. Rimuovere questa figura, quindi, non è impossibile, ma richiede che la piattaforma compensi quel bisogno di rassicurazione attraverso strumenti digitali chiari, certificati, trasparenti.

[img 7 - Correttezza intermediazione]
Un altro dato chiave riguarda la disponibilità all’autonomia: una fascia crescente di utenti, in particolare tra i 25 e i 45 anni, si mostra interessata alla possibilità di gestire da sé la vendita o l’acquisto, a patto di avere controllo, informazioni precise e assistenza modulare. L’autonomia, quindi, non è un rifiuto dell’aiuto, ma una richiesta di libertà nel decidere quando e come riceverlo.
Tra gli insight più utili per il design dell’MVP, abbiamo identificato:

[img 8 - Valutazione stime di prezzo]
Queste evidenze sono state trasformate in un set strutturato di output di ricerca:
Tutti questi materiali sono stati condivisi e verranno co-interpretati in un workshop di definizione funzionale insieme al cliente, contribuendo a costruire una visione di prodotto condivisa e validata.
Uno dei dubbi più frequenti che le aziende esprimono quando si parla di Experience Research è il seguente: “Siamo sicuri che valga la pena investire tempo e risorse nella fase di ricerca, prima ancora di iniziare a progettare?”
La risposta è semplice, anche se controintuitiva: non solo vale la pena, ma è l’investimento che riduce il rischio e massimizza il valore in tutte le fasi successive del progetto.
Nel caso di NidoWeb, questo è stato evidente fin dai primi risultati. In poche settimane, il team ha potuto abbandonare ipotesi vaghe, generalizzazioni o punti di vista troppo interni, e sostituirli con dati verificabili, insight strutturati, direzioni prioritarie. Il tempo dedicato alla ricerca non ha rallentato la progettazione: l’ha accelerata. Ha permesso di prendere decisioni più veloci, più sicure, più condivise.
Dal punto di vista economico, il vantaggio è ancora più evidente. La ricerca iniziale ha evitato lo sviluppo di funzionalità poco rilevanti, ha messo in luce pain point che sarebbero emersi troppo tardi (quando già il prodotto sarebbe stato nelle mani degli utenti) e ha dato una direzione chiara alla roadmap. Ogni centesimo investito in ricerca ha evitato molti investimenti sprecati in progettazione e sviluppo errati.
C’è poi un altro livello, spesso sottovalutato: quello della relazione tra team e stakeholder. Un progetto costruito su dati reali ha una forza narrativa molto più alta. Non è un’opinione, è una dimostrazione. Questo è particolarmente rilevante quando bisogna presentare il progetto a investitori, partner o board decisionali: la ricerca diventa uno strumento di storytelling credibile, oggettivo, professionale.
Ma il vero ROI della ricerca non si misura solo in termini di investimento o velocità. Si misura in qualità delle scelte. In serenità progettuale. In focus. In coerenza tra ciò che si costruisce e ciò che le persone si aspettano e desiderano davvero. Quando la ricerca è ben fatta, il prodotto finale non solo “funziona”: è desiderato, riconosciuto, raccomandato.
In questo senso, NidoWeb rappresenta un modello. Un progetto che ha scelto di capire prima di costruire. Di ascoltare prima di parlare. Di validare prima di investire. E che oggi può contare su fondamenta solide, su una direzione chiara e su un sistema di conoscenza che guiderà anche le fasi future del prodotto.
La ricerca non è una spesa. È il miglior acceleratore di efficacia, efficienza e sostenibilità nel tempo.
Il progetto NidoWeb è stato, per noi e per il cliente, molto più di un esercizio di validazione. È stato un esempio concreto di come la ricerca – se ben pianificata, condotta e integrata – possa diventare un vero e proprio motore progettuale. Ha dimostrato che capire prima di costruire non solo è possibile, ma è strategicamente vincente.
Siamo partiti da un’intuizione: creare un’alternativa autonoma al modello tradizionale di compravendita immobiliare. Ma prima ancora di disegnare un’interfaccia o scrivere una riga di codice, ci siamo fermati a chiederci: “le persone sono pronte per questo cambiamento?”. La risposta è arrivata non per intuizione, ma per esplorazione. Con interviste, survey, analisi e sintesi abbiamo scoperto non solo se il mercato fosse pronto, ma come costruire il prodotto perché fosse accettato ed aderente ai suoi bisogni.
Abbiamo capito che la fiducia è più importante della funzionalità. Che l’autonomia è desiderata, ma solo se supportata. Che l’agente immobiliare, nel suo ruolo più profondo, non è solo un venditore, ma un ponte tra persone, interessi, paure e desideri. E che una piattaforma che vuole sostituirlo deve saper offrire un’alternativa solida, trasparente, sicura.
Questa consapevolezza guiderà tutto il lavoro successivo: dalla definizione della value proposition alla progettazione dell’MVP, dalla comunicazione del brand fino alla presentazione agli investitori. Tutto è stato costruito su insight reali, non su assunzioni. E questo ha fatto la differenza.
Il caso NidoWeb mostra chiaramente che l’Experience Research non è un lusso riservato ai grandi progetti, ma uno strumento accessibile, scalabile e fondamentale per chiunque voglia innovare con serietà. Che si tratti di una startup in cerca di validazione o di un’azienda consolidata che vuole lanciare un nuovo servizio, la logica non cambia: prima si capisce, poi si costruisce.
In Lotrèk, crediamo profondamente che la ricerca sia una forma di rispetto: verso gli utenti, verso le risorse investite, verso l’idea stessa. Non è qualcosa che si fa per “avere più dati”, ma per prendere decisioni migliori, con più sicurezza e meno approssimazione.
E se anche tu hai un’idea da sviluppare, un prodotto da validare o un dubbio strategico da chiarire, il nostro consiglio è semplice: inizia con le domande giuste. Noi siamo qui per aiutarti a formulare esplorare e trasformare le tue ipotesi in direzioni progettuali concrete.
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