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- 12.10.2022
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La CRO, Conversion Rate Optimisation, è sempre più al centro dell'attenzione di chiunque si occupi di digital marketing e, in un certo senso, è inevitabile che lo sia: massimizzare la quota utenti che arriva alla conversione è verosimilmente lo scopo ultimo di qualsiasi strategia di web marketing.
Attenzione però: parlando di CRO non si fa riferimento tanto all’obiettivo quanto all’insieme di strategie e tecniche messe in atto per raggiungerlo, quindi il discorso non è affatto banale.
Le dimensioni macroscopiche della meta finale rendono facilmente intuibile che le azioni di CRO siano trasversali a più ambiti. Oggi prendiamo in considerazione il punto di vista della UX e, ancora più nello specifico, come ci occupiamo di UX CRO qui a Lotrèk.
Le tecniche relative alle azioni di ottimizzazione, come nel caso della SEO, rischiano di essere chiare a tutti come finalità ma molte fumose nella pratica.
In concreto, quindi, come si approccia la nostra digital company alla CRO, dal punto di vista della UX?
In breve, per ottimizzare il tasso di conversione svolgiamo analisi qualitative e quantitative dell’interfaccia di un prodotto digitale (sito corporate, ecommerce, portale, app) per individuare i punti di frizione - friction - nell’interazione tra l’utente e il sistema, in particolare nella fase di conversione.
Per effettuare questa analisi eseguiamo una heuristic review, integrata con i dati raccolti con Hotjar e Analytics.
I risultati ci forniscono un quadro completo di tutto ciò che è migliorabile nel sistema.
Tutto chiaro, no?
A grandi linee ci siamo, ma per entrare nel vivo bisogna andare più nello specifico.
Per eseguire l’analisi qualitativa costruiamo un set di euristiche specifico, talvolta combinando più di un set esistente, come ad esempio:
Da un lato, le euristiche di Jakob Nielsen sono molto utilizzate e hanno dimostrato la loro efficacia nell’analisi delle interfacce, tuttavia non tengono conto degli aspetti cross-canale, in quanto sono state concepite prima dell’internet mobile.
Dall’altro lato, le euristiche di Abby Covert tengono conto di quelle di Nielsen, e le integrano con altre euristiche. Il vantaggio è che ci permettono di giudicare il sistema globalmente, quindi di tenere conto dell’intero arco dell’esperienza utente.
Combinando questi sistemi noi non stiamo facendo altro che selezionare i criteri mirati attraverso i quali valuteremo l’esperienza degli utenti sul nostro prodotto digitale, così da analizzare in modo chiaro e univoco esattamente gli aspetti che più ci interessano.
Possiamo riassumere il tutto con una domanda: Il tuo sito rispetta ognuno di questi criteri?
Per raccogliere i dati quantitativi ci serviamo di strumenti quali Google Analytics e Hotjar.
Entrambi ci permettono di raccogliere dati sul comportamento degli utenti nel sito e di corroborare o meno i findings dell’analisi euristica.
L’analisi viene fatta attraverso lo studio complessivo delle sessioni di Google Analytics disponibili e di un numero significativo di registrazioni di sessioni su Hotjar.
La presenza di tracciamenti Google Analytics nei punti fondamentali del funnel è molto utile per un’analisi ancora più dettagliata del comportamento degli utenti.
Se è vero che tutto il sistema è importante e deve essere preso in considerazione per una corretta CRO, è anche vero che ci sono focus specifici che rivestono un’importanza assolutamente prioritaria per condurre con successo un utente alla conversione.
Entriamo nel dettaglio dell’Architettura dell’Informazione e dei menù di navigazione per capire se l’organizzazione dei contenuti è ottimale e rispecchia l’importanza data dagli utenti.
In pratica i motivi per farlo sono almeno 2:
Per testare il funzionamento dell’architettura informativa possiamo organizzare workshop con attività/esercizi di Card Sorting o Tree Testing che coinvolgano gli stakeholder o utenti reali del progetto.
Altro aspetto fondamentale nel viaggio verso la conversione sono i form che devono guidare e aiutare l’utente a superare uno scoglio (la registrazione, il login) o finalizzare l’atto di conversione qualunque esso sia (iscrizione a newsletter, acquisto, riscatto di un codice sconto, scaricamento di materiali, etc, etc).
Analizziamo quali contenuti ottimizzare e come per assicurarsi un aumento delle conversioni. Prendiamo in considerazione molte variabili, tra le quali:
- posizione dei form
- quantità dei form
- posizione delle CTA di conversione
- frequenza abbandono delle pagine
- messaggi di errore
- correttezza dei campi per l’accessibilità
- messaggi disclaimer.
Google Analytics è probabilmente lo strumento più conosciuto da chi ha a che fare con il digital marketing, e non stupisce vederlo utilizzato nelle azioni di CRO. Vale la pena spendere qualche parola in più su Hotjar e sulla fase di testing.
I dati raccolti con questo strumento ci permettono di avere un quadro completo ed esauriente dei vari touchpoint che un utente ha attraversato.
A seconda delle esigenze di analisi, su Hotjar possiamo attivare: heatmaps (mappe di calore), recordings (registrazioni) e survey.
Le mappe di calore rappresentano visivamente i punti in cui gli utenti fanno clic, si spostano e scorrono sul tuo sito.
Ci sono molto utili per capire come si muovono gli utenti.
Possiamo vedere dove si posa la loro attenzione e il diverso approccio da mobile e da desktop.

I recordings sono le registrazioni delle sessioni dell’utente.
Queste registrazioni ci aiutano a capire ancora più in dettaglio il comportamento degli utenti sul sito.

Le Survey permettono di catturare i feedback degli utenti mostrando loro diversi tipi di domande. Possono essere mostrate in diversi momenti del flusso di navigazione sia quando l’utente arriva in certe pagine sia quando l’utente effettua determinate azioni.
Questi feedback sono fondamentali e vengono integrati nel nostro processo decisionale.
Per verificare l’usabilità dell’interfaccia di un sito possiamo condurre test con utenti reali, procedimento che ci aiuta in particolare a osservare e potenzialmente risolvere casi di scarsa trovabilità del contenuto o anche problemi più generali di architettura dell’informazione. Per farlo, possiamo utilizzare per il test un prototipo navigabile in bassa o alta fedeltà: un wireframe o un mockup.
Il procedimento è tanto semplice quanto funzionale:
Se le competenze richieste per effettuare una CRO davvero funzionale non sono per niente banali, la logica è in conclusione molto intuitiva: continuare a mettere alla prova con criteri specifici il proprio prodotto per individuare e risolvere eventuali criticità e valorizzare i punti di forza.
I risultati di questi interventi possono invece risultare davvero sconcertanti, anche se naturalmente variano a seconda della situazione di partenza e degli obiettivi specifi.
Per citare un singolo esempio emblematico: ci siamo dedicati a questa attività per un nostro cliente il cui sito aveva come evento di conversione principale l’iscrizione al portale.
Dopo le azioni di CRO, il numero di utenti iscritti è aumentato del 116% rispetto al mese precedente.
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